In un modo di lavorare estremamente teorico porre in rilievo il processo piuttosto che l’oggetto non presuppone il rifiuto di quest’ultimo. L’oggetto essendo una realtà generata dalla Natura, non riconosco in esso l’essenza però ne individuo il simbolo dell’esperienza del mondo sensibile, della condizione umana.
La dimensione fisica della realtà è la verità relativa alla quale siamo legati da un rapporto di interdipendenza nel quale negare l’oggetto consegue negare noi stessi.
In questa esistenza multirelazionale, dove ogni oggetto è relativo ad un altro, l’artista usa forme le quali non si risolvono in un rapporto di subordinazione ma bensì in un’articolazione “acentrica e policentrica”. Così anche l’essere umano, come ogni altro fenomeno generato dall’Essenza, è parte integrante del “tessuto” cosmico delle interdipendenze.
Lo spettatore dell’opera d’arte così interagisce, con la sua interpretazione, diventando a tutti gli effetti non un semplice osservatore ma bensì un partecipatore. L’arte così rifiuta nel modo più assoluto la contemplazione, la quale non può appartenere a un’idea di realtà che vede come propria essenza la mutevolezza continua.